Imboccata la stretta stradina fra le due chiese, si sbuca nella piazza Leopoldo Zambeletti con il Monumento ai Caduti delle due Guerre, rappresentato da una aquila in bronzo che stringe negli artigli la nostra Bandiera. Diamo un’ultima occhiata dietro di noi all’abside goticheggiante della Chiesa e pieghiamo a destra superando una dimora in stile Liberty con belle inferriate e parco, eretta nel 1902.
Sulla nostra sinistra facciamo attenzione allo scenografico parco del complesso della Villa Zambeletti edificata a cavallo del ‘900. Molto importante per la storia del luogo il troncone di torre romana che si trova nella parte più alta della proprietà privata. La torre, nelle epoche molto rimaneggiata, è un residuo di una struttura militare che si ipotizza di epoca addirittura anteriore rispetto alla torre di Velate, e ci conferma l’origine del borgo come dislocazione di insediamenti militari.
Sulla destra della Villa Zambeletti un’altra dimora importante per Velate: Villa Dotti, per circa trent’anni il buen retiro estivo del Maestro Renato Guttuso. L’artista era affascinato dalla tranquilla frescura velatese, contrapposta al sole abbacinante della natale Bagheria e alla mondanità della sua residenza romana. La villa, di proprietà della famiglia della moglie Mimise Dotti, offriva uno scorcio privilegiato verso il Sacro Monte, il Lago di Varese, e la catena delle Alpi dominata dal Monte Rosa. Tuttavia il Maestro aveva bisogno di uno spazio più ampio per realizzare le opere di grande formato, come la Vucciria che fu dipinta qui prendendo a modello i quarti di bue del macellaio di Velate. Aveva necessità anche di maggiore riservatezza per opere a carattere più intimo che ritraevano Marta Marzotto. Trasformò quindi in atelier la scuderia in basso nel parco, a ridosso del muro di cinta. Nelle intenzioni di Guttuso, alla sua morte la villa avrebbe dovuto essere donata come museo alla città di Varese. Invece il patrimonio fu trasferito dal figlio adottivo, unico erede, nelle altre residenze, e la villa venduta. Una targa sull’esterno del muro di cinta è l’unico ricordo che resta oggi di quel periodo.
Proseguiamo per via Carini in direzione sud passando attraverso vecchie cascine in parte ristrutturate, immerse in una rigogliosa
vegetazione. Sulla sinistra, l’asilo Peri Piatti, costruito nel 1902 su lascito delle due importanti famiglie, con il bel giardino
che da oltre cento anni accoglie bambini e bambine della scuola materna. Proseguendo dritto, inizia un prezioso tratto di rizzada,
mantenuto nel suo aspetto originale. La scorciatoia stretta e ombrosa, con i ciottoli nascosti tra le foglie, e l’umido pungente
che ci avvolge, ci regala la sensazione di entrare per pochi istanti nella storia. Il tratto, caratterizzato da una modesta pendenza,
collega Via Carini a via Po. Essendo scivoloso, può essere disceso solo a piedi, e se ne sconsiglia il transito con le biciclette.
Testi di Carla Tocchetti
Per approfondimenti: Velate, Storia e segni del tempo, Centro Culturale Velate, Nicolini, Gavirate, 1990
Si ringraziano: Giuliano Tognella, Fausto Bonoldi de La Varese Nascosta.