Proseguiamo ora prendendo il sentiero che dalla Chiesa sale piegando verso destra. Attraversiamo un tratto naturale e incontaminato, una riva umida e boscosa un tempo ombreggiata da folti castagni in parte visibili nelle proprietà circostanti. Preziosa risorsa per i contadini velatesi, il castagno era prediletto poiché consentiva di integrare la povera economia di casa con la calorica farina ricavata dalle sue castagne. Non fatevi sfuggire a giugno o luglio il profumo dei castagni in fiore o l’effetto “foliage” dal giallo al ruggine in autunno!
Lungo questo tratto, non è raro incontrare qualche runner. Infatti il sentiero porta il nome di “salita Enrico Arcelli” che spesso la percorreva. Arcelli, milanese di nascita ma varesino di adozione, è stato un velocista con la passione per la scienza dell’alimentazione e la medicina dello sport. A metà degli anni ’70 inventò il ruolo del preparatore atletico per sportivi e squadre, diventando per alcuni decenni il massimo riferimento di Club calcistici come Juventus, Milan e Inter, e allenando celebrità come Francesco Moser, Tomba, Alesi e Alex Zanardi. Alla fine della salita si apre sulla nostra sinistra una radura con i ruderi di una antica torre, affiancata lateralmente da un gigantesco albero di castagno. Immersa nel silenzio e nella vegetazione, la torre è oggi abitata solo da qualche rapace che ha posto il nido in cima ai suoi trentatrè metri di altezza: se siete fortunati in primavera potrete vedere i piccoli che si buttano giù per sperimentare i primi voli!
La Torre di Velate venne costruita un migliaio di anni fa come avamposto fortificato per difendere guarnigioni e abitanti del borgo velatese. La torre infatti sorge sul limite estremo del piccolo fondo valle, chiuso dalla parte opposta dalle falde montuose del Campo dei Fiori con Monte san Francesco. Si ipotizza che nei secoli la torre, posta in collegamento visivo a nord con la torre degli Ariani a Sacro Monte e con altre torri lungo la direttrice di transito meridionale, fosse parte di un sistema difensivo del confine dell’impero romano, detto Limes prealpino. La torre poteva segnalare l’arrivo di nemici tramite l’accensione di una fiaccola, e riparare velocemente al suo interno le persone ospitandole nei cinque piani di ambienti, illuminati da alte e strette finestrelle e collegati da una scala, i cui resti sono ancora visibili.
Di proprietà di una famiglia nobile di Velate, alleata del Barbarossa, la torre fu distrutta, forse in seguito a un incendio,
all’epoca delle guerre dell’Imperatore. Oggi la torre è un bene tutelato di proprietà FAI. Per poterla visitare da vicino e osservare
la raffinata tecnica costruttiva con i grossi blocchi scolpiti in pietra locale, occorre rivolgersi al FAI,
che saltuariamente la apre nelle Giornate FAI e per piccoli eventi.
Testi di Carla Tocchetti
Per approfondimenti: Velate, Storia e segni del tempo, Centro Culturale Velate, Nicolini, Gavirate, 1990
Si ringraziano: Giuliano Tognella, Fausto Bonoldi de La Varese Nascosta.