Che cos'è una Rizzada?

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Rizzade di Velate · 1 tappa

Con il termine “rizzada (o “rizzava”, o “rizzoda”, varianti usate in alcune zone del Varesotto) si intende quel particolare tipo di pavimentazione a ciottoli, di origini antiche e divenuto molto popolare nell’area lombarda tra ‘700 e ‘800, con il quale si rendeva più comodo a pedoni e carri il transito nei centri abitati. Il fondo terroso infatti si rovinava con il continuo passaggio dei mezzi pesanti, e diventava pericolosamente scivoloso in caso di fanghiglia. La rizzada più famosa della zona, a poca distanza di Velate, è quella del Viale delle Cappelle del Sacro Monte di Varese, la cui epoca di costruzione è compresa tra gli inizi del 1600 e il primo ‘700.

La rizzada era un sistema costruttivo semplice ed economico, basato sul lavoro manuale dei muratori (o straditt) e materiale facilmente disponibile in natura. I ciottoli venivano infatti reperiti sul greto del torrente Vellone, che nasce sulla vetta del Campo dei Fiori a nord dell’abitato di Santa Maria del Monte, lambisce il borgo di Velate e scorre verso il centro di Varese. I ciottoli, frutto dell’attività erosiva torrentizia, riflettono le caratteristiche rocciose del massiccio sovrastante, e presentano in prevalenza un colore bianco grigio con alcune brillanti venature.

Selezionati omogeneamente per dimensioni e forma, i ciottoli in prevalenza tondeggianti e ovoidali venivano trasportati sul luogo dell’intervento con gerle a spalle o canestri e carretti. Dopo aver livellato il fondo con sabbia (in seguito venne utilizzate la malta e in tempi recenti il cemento), venivano posizionati eretti, da qui il nome Rizzada, conficcandoli nella sede con un martello, e posizionati con una certa regolarità con l’aiuto di una corda. Un lavoro eseguito a regola d’arte preveniva la comparsa delle erbacce negli interstizi. A volte, per facilitare lo scorrimento delle acque veniva inserita longitudinalmente una fascia al centro della carreggiata oppure si costruivano due fasce laterali, costituite da pietre più grandi sbozzate sempre a mano.


Fu probabilmente verso la metà degli anni Cinquanta del secolo scorso che le rizzade scomparvero in favore di un selciato urbano più adatto al trasporto su gomma. In quegli anni infatti il Comune di Varese soppresse la rete tramviaria, che collegava i quartieri attraverso percorsi su rotaia, e introdusse gli autobus urbani che arrivavano più capillarmente nei centri periferici. Le rizzade di Velate furono ricoperte da una colata bituminosa di qualche centimetro, vedendo cancellate in un lampo l’identità, la storia, e persino colori, suoni e profumi delle rizzade. Sono sopravvissute solo alcune rizzade, ricoperte di muschi nei vicoli più piccoli, non carrabili, o lucenti e in bella mostra in alcune vie restaurate grazie alle amorevoli cure di alcuni residenti che vogliono trasmettere questa eredità, per farla sopravvivere e conoscere.

Vari poeti sono stati ispirati dalla rizzada, tra questi il poeta dialettale Carlo Alberti che nel 1977 descriveva minuziosamente in dialetto milanese il lavoro di costruzione della Rizzada, e i poeti dialettali bosini Diana Ceriani e Dino Macchi.



Testi di Carla Tocchetti
Per approfondimenti: Velate, Storia e segni del tempo, Centro Culturale Velate, Nicolini, Gavirate, 1990
Si ringraziano: Giuliano Tognella, Fausto Bonoldi de La Varese Nascosta.