Passeggiando senza fretta lungo le vie del paese, si possono cogliere tanti dettagli costruttivi che raccontano un tempo antico. Quasi tutti i cortili hanno ingressi nobilitati da un arco in pietra, oppure un arco più modesto in mattoni; molti sono protetti da paracarri sbozzati in sasso. Quando l’edera riesce ad insinuarsi e scrostare una cinta muraria, tornano alla luce i muretti costruiti con pietra locale e malte povere. I muri delle case in pietra, punteggiati qui e là da rossi mattoni, ci parlano di mutate esigenze abitative nel corso dei tempi: qui si doveva chiudere una porta, là spostare una finestra, qui ancora serviva inserire la canna di un camino... Nelle pareti delle case spesso troviamo resti di antiche immagini votive e in alcuni punti semplicissime panchine in pietra ricordano il momento della sosta per i più anziani.
Più avanti fa mostra di sé una dignitosa, ma affascinante, architrave in spesso legno di quercia. Su un fabbricato campeggia, sbiadita, l’insegna dipinta di una vecchia rivendita di vino, importantissimo un tempo nell’economia del borgo. Alla nostra sinistra si trova una cappellina privata di origini settecentesche. Celato da un portone, aperto di rado, l’interno minuscolo, ma ben tenuto, svela affreschi e un altare con pala dedicata alla Natività. Forse un segno di ringraziamento o di auspicio per le nascite in cascina, visto che alle pareti ci sono cuori su velluto rosso, che testimoniano una grazia ricevuta.
Salendo ancora, tra cortili e fienili, Via Vasche difronte a noi porta in direzione del vecchio lavatoio (ora abitazione privata) con una splendida rizzada perfettamente mantenuta. Noi proseguiamo invece a destra in via Resia. Costeggiamo la Villa Giulini, elegante villa nobiliare con importante cancello in ferro battuto, testimone delle eccellenze artigiane della nostra zona e un piccolo selciato in rizzada. Risaliamo ancora pochi passi, lasciando sulla nostra destra cascine contadine bei balconi dai parapetti in legno. Davanti all’ingresso di Villa Sorriso ritroviamo finalmente la storica rizzada, che ci porta nel cuore più autentico di Velate, fra proprietà che si possono solo intravedere oltre gli alti muri di cinta. Ci troviamo in un Vicolo stretto di nome e di fatto, un passaggio acciottolato umido e profumato, sopravvissuto alla cementificazione proprio per l’obbligo di essere percorso solo a piedi.
Sbucati nella piazza Cordevole, voltiamo di nuovo a destra per tornare, al termine di una strettoia, nella piazzetta Lorenzo Rizzi. Qui si trova il celebre “funtanin del’ avucat”
segnalato da una targa di riconoscenza dei Velatesi. Dopo tante contese per l’utilizzo dell’acqua del Vellone, che veniva captata più a monte lasciando a secco il paese,
l’avvocato benefattore costruì un acquedotto e una fontanella per portare acqua di fonte direttamente ai suoi concittadini. Scendendo per una strettoia, vecchie insegne della
Cooperativa Popolare Velatese e di altri negozietti ci suggeriscono come era la vita prima dell’avvento dei supermercati di città.
Sbuchiamo infine nella piazza Santo Stefano sulla quale si aprono numerosi edifici interessanti: da destra in senso antiorario, la Villa Clerici, l’edificio dell’Oratorio
con il vecchio portico rimaneggiato,l’edificio delle Poste un tempo sede municipale del Comune di Velate, l’oratorio San Domenico, la Chiesa di Santo Stefano.
Testi di Carla Tocchetti
Per approfondimenti: Velate, Storia e segni del tempo, Centro Culturale Velate, Nicolini, Gavirate, 1990
Si ringraziano: Giuliano Tognella, Fausto Bonoldi de La Varese Nascosta.